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Studio Faggioni - Yacht Design
Museo Baracca Faggioni

Museo Baracca Faggioni

Museo: Baracca Faggioni
Museo: Baracca Faggioni

Il borgo marinaro di Cadimare, la conosce come Baracca, ed ha rappresentato da sempre un esempio per tutti coloro che, lavorando con il mare, hanno fatto di questo luogo un punto di riferimento per costruzioni ex novo, riparazioni o luogo di incontro dove poter ascoltare storie di mare affascinanti o più semplicemente per scambiare quattro chiacchiere con chi ha aperto ogni giorno questa magica bottega.



La Baracca, un semplice capannone di 8 metri per 5 con il tetto in lamierino ondulato, le pareti esterne composte a doghe di larice incastrate ed il pavimento a tavoloni larghi di pino fanno da involucro all'ultima testimonianza ancora superstite nel nostro golfo del laboratorio-fucina del "Mastro d'ascia".



Costruita nel 1920 da Guido Faggioni e dai suoi fratelli, tutti Maestri d'ascia, proprio di fronte alla propria dimora nell'area che oggi è di proprietà dell'aeronautica militare, è una delle più datate concessioni demaniali nel Golfo dei poeti. Fu agli inizi degli anni '30, quando venne imposta dal governo Fascista la costruzione della base per idrovolanti, che la Baracca venne fatta slittare fino all'attuale sito.



Qui le barche si concepivano, tracciavano e costruivano con il garbo, ovvero con quella sensibilità che è anch'essa parte, forse la più importante, di quello che oggi chiamiamo "know how"; la stessa sensibilità che sta alla base di qualsiasi arte come è quella, appunto, del maestro d'ascia, progettista ed interprete dello scafo da costruire.



E' questo il caso dello scafo più noto tra quelli usciti dal laboratorio dei fratelli Faggioni che nel 1934 realizzano la nuova barca da regata per il Palio del Golfo. Un "violino" che, per le rivoluzionarie forme del suo scafo -composto da ordinate di olmo, fasciame di douglas da 6 mm di spessore e per il suo straordinario peso di soli 54 Kg- detta per prima i canoni del regolamento della prestigiosa competizione tra le borgate del Golfo. Questo regolamento rimarrà in vigore fino alla fine degli anni settanta, quando un altro mito, progettato dal compianto yacht designer Ugo Faggioni (figlio di Guido), costringerà i commissari a modificare il regolamento, per porre fine alle sue ripetute e schiaccianti vittorie.



E' il luglio del 1934 quando la madre dei fratelli Faggioni, Isolina, muore. Essendo anche questa barca, come le precedenti che avevano rappresentato Cadimare nel Palio, propriet? privata della famiglia Faggioni, viene pittata di nero per onorare il recente lutto.



Vincendo la rivincita del Palio di quell'anno, l'elegantissima imbarcazione passa alla storia come il Gatto nero, tutt'oggi un mito per l'intera borgata di Cadimare.



Gli anni passano e la Baracca è sempre più attiva, una vera e propria fucina da cui usciranno gozzi e canotti che vengono commissionati al buon Guido da varie parti del golfo. Qui si riparano o calafatano, inoltre, tutte le imbarcazioni dei pescatori locali che affidano alle mani esperte di Guido la loro preziosa fonte di sostentamento.



Con la scomparsa di Guido, avvenuta nel 1977 la baracca rimane parzialmente attiva grazie alla volontà dei figli Ugo e Francesco che vedono in un "allievo" di Guido, Carlo Maddaluno (più noto come Carletto) la persona più adatta per mantenere in vita quei metodi di lavorazione artigianale giù in via di estinzione. Per anni, nelle ore libere, Carletto aiuta per puro diletto tutti coloro che necessitano interventi più o meno importanti su scafi di legno.



Oggi Carletto si gode il suo meritato riposo tra le panchine del paese, mentre la Baracca, ahimé, rimane inoperosa, anche se sempre a disposizione della borgata. E' così che la famiglia Faggioni decide di aprire ancora una volta la Baracca al paese, offrendola in prestito come contenitore-museo di quello che fu la fucina di un grande Maestro d'ascia.



Qui il paese potrà specchiarsi e riconoscere in qualche modo le proprie origini ammirando tutti i suoi strumenti di lavoro originali, i legni a stagionare pronti per fasciare un gozzo lasciato qui incompleto dal 1978, il pentolino ancora colmo di pece cristallizzata, la stoppa e il maglio dentro la "marmotta" pronti per il calafataggio, tutti gli odori ed i profumi del legno che qui ha perso tutti i suoi segreti e, naturalmente, il Gatto nero appeso alle travi come oggetto da museo entrato nella leggenda e nella storia di una borgata fortunatamente ancora molto attiva e bisognosa di risvegliare tradizioni perdute e, per questo, mitizzate.