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Studio Faggioni - Yacht Design
Il Leone di Caprera

Il Leone di Caprera

Leone di Caprera
Leone di Caprera
Cantiere: Briasco, Montevideo (ROU)
Anno varo: 1881
Tipologia: Baleniera a 2 alberi
Lunghezza scafo: 10,40 m
 
 
Tipo di Intervento: Restauro Museale
Inizio lavori di restauro: 2007
Fine lavori: 2009
 
 
Pubblicazioni
 
Link: http://www.arie-italia.it/leone_di_caprera.php

Restauro a cura di A.R.I.E.
Direzione di Stefano Faggioni (Studio Faggioni Yacht Design), Presidente del Comitato per il Restauro
Guarda il video di AVS Multimedia
 
Il Leone di Caprera è un battello estremamente solido, uno scafo magistralmente realizzato dal maestro d'ascia Luigi Briasco di Montevideo nel 1879. Era infatti nelle intenzioni dello stesso Vincenzo Fondacaro, aspirare a donare la barca ad un museo una volta sbarcato in Italia, a testimoniare la genialità e la capacità dei costruttori italiani all'estero. Una sorta di portabandiera di chi la Patria la poteva solo sognare e per questo la idealizzava.
La bellezza degli accessori, infatti, non ha eguali e la raffinatezza dei particolari stupisce se si pensa che la barca fu costruita con enormi sacrifici economici da parte del Fondacaro che si ingegnava per trovare fondi presso improbabili sponsor.

Lo scafo arrivato in cantiere a Livorno dopo anni di sofferenze tra un cortile di museo e una grotta in riva al mare, presenta un fasciame straordinariamente sano, ancora con l'opera viva ricoperta dalle sue lastre di rame originali. La coperta, invece, aveva sofferto tutti gli sbalzi di temperatura e lo stillicidio perpetuo della grotta che insistendo in particolar modo sul lato di dritta, aveva completamente eroso le doghe penetrando così all'interno fino a corrompere il fasciame interno e parte di quello esterno fino alla lastra di rame. I bagli, stranamente posizionati di piatto per non ridurre la già esigua altezza interna, erano completamente deteriorati e avevano col tempo perduto la loro originale bolzonatura.

L'operazione prima indispensabile, è quella del rilievo dello stato attuale, eseguito con la tecnica della fotogrammetria dal Professor Guidi del Politecnico di Milano coadiuvato da alcuni studenti e collaboratori. Dopodiché, il Cantiere procede alla costruzione di una sella (che servirà anche per il trasporto) indispensabile per mantenere intatte le forme dello scafo. Solo dopo queste operazioni, hanno inizio i lavori di restauro. Da subito si inizia a rimuovere il fasciame di coperta prestando grande attenzione alle pessime condizioni del legno e al fatto che comunque è ancora unito ai bagli da chiodi in rame ribattuti all'interno. Si numera ogni singola doga e si adagia al lato dello scafo su un piano orizzontale in maniera da ricomporre la coperta in ogni sua parte. E' ora possibile operare all'interno dello scafo rimuovendo dapprima i numerosi serbatoi stagni di zinco che servivano a rendere il battello "inaffondabile" (su uno di questi si è scoperta addirittura la data e la firma dell'esecutore) e successivamente a realizzare sei bagli in lamellare che hanno il compito di irrobustire la struttura e a ripristinare la bolzonatura originale perduta con il cedimento dei vecchi bagli.
Dopo aver risanato anche il fasciame interno danneggiato e trattato il tutto con impregnante anti teredo si procede all'inverso fino a richiudere completamente lo scafo e a sostituire il vecchio tambuccio e a chiudere i buchi di coperta con legno di iroko, in modo da rimarcarne l'intervento. Tutte le ferramenta di coperta sono state smontate, catalogate e semplicemente pulite dalla patina verde, non spazzolate a macchina né tanto meno, trattate con prodotti chimici.
Il risultato è un bene storico che conserva intatta tutta la sua affascinante patina del tempo e che non mostra affatto i segni di un grande lavoro di restauro, tanto accurato da svanire agli occhi di chi lo ammira.
Per saperne di più, leggi l'articolo sul web magazine B.E.C.
 



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